Creare gomma (sostenibile) dal dente di leone: la magia voluta da Stalin- Corriere.it

2022-08-20 02:20:29 By : Mr. sealock sealock

Gomma per viaggiare, per giocare. Da masticare, per costruire. Quante cose sono composte con questo materiale? Suole, pneumatici, palloni, elettrodomestici. Ci sembra la più scontata delle componenti, la incontriamo da bambini e la usiamo per tutta la vita. Eppure oggi la gomma naturale scarseggia, nonostante, nel mondo se ne producano venti milioni di tonnellate all’anno . A minacciarla è una combinazione di fattori: la crisi climatica, la flessione del prezzo mercato e una grave infestazione degli alberi da cui proviene. La gomma sintetica viene ricavata dalla polimerizzazione di idrocarburi, il costo di produzione è inferiore, ma l’impatto ambientale è molto più alto. La gomma naturale, nota anche come caucciù, si ricava al novanta per cento dal lattice estratto da alcune piante tropicali della famiglia delle Euforbiacee .

La gomma naturale scarseggia, come durante la guerra. E c’è il problema del fungo parassita. È l’occasione per pensare a materie prime diverse. Il leader dell’Urss puntò sui fiori dei “soffioni”, oggi c’è chi vuole imitarlo. Ma tra impatto ambientale e costi di produzione non è così semplice

La più importante è la Hevea brasiliensis , ossia l’albero della gomma propriamente detto. Presente in Sudamerica, come suggerisce il nome, ma oggi soprattutto nel Sud-estasiatico e in Africa Tropicale, è un arbusto che supera i trenta metri e vive fino a quarant’anni, continuando a fornire gomma. Dopo un secolo di sfruttamenti intensivi, le piantagioni in America Latina sono state messe a repentaglio da un parassita che ostacola la crescita delle piante. Il fungo è per ora assente in Asia e Africa, ma il caso ha imposto una riflessione sulla sostenibilità. Bisognerebbe scongiurare la diffusione della malattia in altre aree, anche se sembra purtroppo solo una questione di tempo, e trovare un’alternativa alle coltivazioni ormai limitate a poche zone del mondo, non in grado di reggere ancora a lungo una fornitura su scala mondiale.

Un campo di tarassaco selvatico sulle Alpi dei Grigioni, in Svizzera (foto Ap)

L’erba kazaka degli scienziati russi

Una soluzione potrebbe arrivare da una pianta molto comune, legata nell’immaginario più alla tavola che all’industria: il tarassaco. In particolare, dal suo fiore, il dente di leone. Quello che, quando sfiorisce, si trasforma nel “soffione”: la piccola sfera di più piume su cui si soffia - da qui il nome - per esprimere un desiderio. L’inizio dell’utilizzo della gomma estratta dal dente di leone risale all’Urss di Josif Stalin. Nel 1931 gli scienziati cercano una nuova fonte naturale per l’estrazione del caucciù, per rendere l’Unione Sovietica indipendente dal punto di vista delle materie prime .Setacciano l’enorme territorio del Paese in un lungo e in largo e testano più di mille diverse specie di piante per riuscire e trovare un’alternativa all’Hevea. Poi, nelle remote steppe del Kazakhistan compare l’erba magica: Taraxacum koksaghyz . Nel 1941 il tarassaco riesce a soddisfare il trenta per cento del fabbisogno di gomma dell’Unione Sovietica . Scoppia la Seconda Guerra Mondiale e in breve tempo l’importazione difficile dell’Hevea coinvolge anche altri Paesi: Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna. Anche per loro l’alternativa diventa il dente di leone.

Finita la guerra, in tutti i Paesi convertiti ai fiori si torna a sfruttare le piantagioni tradizionali, più semplici e economiche. Oggi il dente di leone potrebbe avere di nuovo un ruolo cruciale nella produzione della gomma , diventando una soluzione valida dal punto di vista ecologico, economico e sociale. La pianta cresce anche nei terreni nordici, poco fertili, e non ha bisogno di particolari cure. Questo consentirebbe di abolire i lunghi viaggi della materia prima dalle piantagioni tropicali e di ridurre la competizione con la coltivazione delle derrate alimentari locali. Negli ultimi anni sono stati fatti diversi progetti in Europa e in America per rendere questo materiale di derivazione floreale più facilmente commerciabile e in grado di soddisfare la richiesta di gomma senza sacrificare le foreste pluviali. Uno dei più importanti è stato Taraxagum, lo pneumatico nato dalla radice di tarassaco, grazie alla collaborazione tra il marchio Continental e l’Istituto di Biologia Molecolare ed Ecologia Applicata (Ime) Fraunhofer di Aachen , in Germania.

Viaggiando sui fiori nelle strade d’Europa

Secondo Dirk Prufer, uno dei biotecnologi impegnati nel progetto: «La resa su strada della gomma di tarassaco è eccellente, in alcuni casi persino migliore di quella delle tradizionali gomme in Hevea. La pianta può essere facilmente coltivata su terreni in disuso, come quelli delle ex aree industriali, senza competere con le altre colture agricole ». Le prospettive sono interessanti, ma resta qualche nodo. I costi di produzione non corrispondono ancora a quelli di mercato. L’impatto sull’ambiente è ridotto durante l’estrazione, ma resta nell’utilizzo e nello smaltimento .

Gomma verde ma restano le microplastiche

Gli pneumatici in tarassaco, esattamente come quelli tradizionali, rilasciano con l’utilizzo microplastiche che vengono poi trasportate nell’aria o finiscono negli oceani. È difficile immaginare anche la fabbricazione di pneumatici con un’unica tipologia di gomma. Quelli prodotti con il dente di leone sono sì naturali, ma anche più facilmente deperibili, quindi vanno sostituiti più spesso. Inoltre la differenza di produzione a parità di terra coltivata, rispetto ai sistemi convenzionali, è significativa: con il tarassaco si ottiene circa un decimo della produzione di caucciù da coltivazioni di Hevea. Basterà davvero un romantico soffione a cambiare le sorti della gomma?