Erbe e mal di testa, secondo la tradizione
Anche se si tratta di rimedi noti da secoli, per pochi esistono studi scientifici rigorosi che ne confermino l’efficacia
MILANO - È sorprendente che nel nuovo millennio il ricorso alla fitoterapia nel mal di testa sia un fenomeno in crescita. Anche se si tratta di rimedi noti da secoli, per pochi esistono studi scientifici rigorosi che ne confermino l’efficacia anche se è verosimile che un fondamento scientifico esista davvero, anche se finora la fitoterapia non lo sapeva spiegare.
Il farfaraccio PETASINA - Uno dei primi studi clinici controllati condotto secondo i canoni classici è stato quello del farfaraccio (Petasides hybridus): usato da secoli nella medicina popolare per curare vari disturbi, dalla rinite all’emicrania, nel 2002 è stato sottoposto dal neurologo Richard Lipton dell’Albert Einstein College of Medicine di New York a una valutazione in doppio cieco con placebo che ha dimostrato la riduzione fino al 60% degli attacchi di mal di testa. Il segreto del farfaraccio risiede nella petasina, una sostanza simile alla papaverina, capace di regolare il sistema gastrointestinale e quello epatobiliare. Nel 1989 alcuni ricercatori tedeschi della Philipps Universität di Marburgo avevano dimostrato in laboratorio che la petasina è un potente rilassante muscolare e nel volgere di pochi anni, usando l’estratto delle radici di farfaraccio messo a punto da un’azienda tedesca, alcuni neurologi del Municipal Hospital di Monaco hanno ottenuto i primi promettenti risultati nel trattamento dell’emicrania con uno studio in doppio cieco su sessanta pazienti. L’estratto di Petasites hybridus ha avuto una riduzione nella frequenza degli attacchi, una riduzione della loro intensità e un minor numero di giorni al mese con mal di testa.
PREVENZIONE - Altre piante, invece, hanno un effetto di prevenzione. L’Alchemilla vulgaris è lontana parente della rosa: l’infuso ottenuto dalla pianta intera, a esclusione della radice, è usato per la sua azione antinfiammatoria e vasoprotettrice. È utile, inoltre, contro le emorragie. L’Angelica dahurica è diffusa soprattutto in Russia, Giappone e Cina dove è usata anche per raffreddore, sinusite, mal di denti ed emorroidi. L’Anthemis nobilis, detta anche «camomilla romana» o «falsa camomilla» per distinguerla dalla più nota matricaria, ha come quest’ultima un effetto sedativo e antispastico. La Boswellia serrata è diffusa in India e Pakistan dov’è chiamata «pianta dell’incenso» che può essere ricavato dalla sua corteccia. Le sostanze contenute nella sua resina, alcuni terpeni, inibirebbero l’enzima 5-lipossigenasi responsabile della sintesi dei leucotrieni, noti mediatori dei processi infiammatori. La Brunella vulgaris è diffusa in Europa e Asia ed è indicata anche per ronzii auricolari, tinnitus, tosse secca e ipertensione. Il Chrysanthemum morifolium è indicata nella cefalea accompagnata da febbre, ma anche nelle vertigini e nei dolori oculari associati a edema delle palpebre. Come trattamento di profilassi si usa però il simile Chrysanthemum parthenium. La Gentiana lutea è forse l’amaro più usato al mondo: i preparati a base di genziana alleviano nausea e dispepsia, con un effetto simile agli antiemetici usati nell’emicrania. Il decotto delle radici combatte la febbre e secondo la tradizione popolare ha anche proprietà antimalariche. Il Geum urbanum (la cosiddetta erba benedetta) ha numerose proprietà, da quelle afrodisiache a quelle antidiarroiche e per il mal di testa si usa l’infuso di rizomi, che ha sapore e profumo simili al chiodo di garofano. La Magnolia denudata è diffusa in Giappone, ed è utile anche per la rinite e la sinusite. Il Melitotus officinalis si può trovare ai margini dei sentieri, fra le erbacce o fra i rifiuti. È usato anche contro la predisposizione alle emorragie nasali. Per quanto presente in molti farmaci (soprattutto anti-trombotici) è meglio non esagerare perché, preso in eccesso, provoca nausea e, paradossalmente, cefalea. Il Salix alba è l’albero dell’aspirina il cui acido acetilsalicilico, viene sintetizzato a partire dalla corteccia di questa pianta: la sua azione è dovuta principalmente al blocco sulla produzione delle prostaglandine attraverso l’inibizione dell’enzima ciclossigenasi. La Scutellaria baicalensis è una pianticella dei Paesi dell’Est che prende il nome dal lago Baikal: ha proprietà antinfiammatorie simili a quelle dell’indometacina, farmaco simile all’aspirina. La sua azione terapeutica sembra derivare dal suo elevato contenuto di flavonoidi, potenti antinfiammatori e antiossidanti. Il Tanacetum parthenium, di cui si mastica qualche foglia ogni giorno, è noto dal Medioevo per le sue proprietà antifebbrili (viene chiamata infatti «erba delle febbri»): prima delle ricerche sul farfaraccio era l’unica, fra le piante usate contro il mal di testa, a essere stata oggetto di studi scientifici rigorosi, comparsi anche su importanti riviste scientifiche come Lancet o il British Medical Journal.
Cesare Peccarisi 22 maggio 2012 | 10:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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