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Dopo il tè è la bevanda più diffusa al mondo con un consumo giornaliero di tre miliardi di tazzine, e con un consumo annuo di 12 kg di caffè pro capite, la Finlandia figura al primo posto a livello mondiale. In Italia ogni giorno si consumano 9,3 milioni di caffè e la metà degli italiani beve regolarmente almeno una tazzina al giorno per un giro d’affari di 20 miliardi di euro. Il 97% della popolazione italiana beve caffè – che sia espresso, americano, cappuccino o macchiato - 1 o più volte al giorno, con un consumo giornaliero di circa 4 caffè al giorno di cui solitamente 2 a casa, 1 al bar e 1 in ufficio, principalmente in 3 momenti della giornata: colazione, metà mattina e fine pasto/cena.
La pianta del caffè è un arbusto sempreverde che appartiene al genere Coffea, della famiglia delle Rubiacee. Le principali varietà sono quattro: Arabica, Robusta, Liberica ed Excelsa, ognuna con le proprie peculiarità.
Dai semi di questa pianta, opportunamente tostati e macinati, si ottiene il caffè. Esistono molte leggende sulla sua origine. La più conosciuta risale al VII secolo e narra di un pastore chiamato Kaldi che portava a pascolare le capre in Etiopia. Un giorno queste incontrando una pianta di caffè cominciarono a mangiarne le bacche e a masticarne le foglie. Arrivata la notte, le capre, anziché dormire, si misero a vagabondare con energia e vivacità mai espressa fino ad allora. Vedendo questo, il pastore ne individuò la ragione e abbrustolì i semi della pianta come quelli mangiati dal suo gregge, poi li macinò e ne fece un'infusione, ottenendo il caffè. Il termine caffè deriva dalla parola araba "qahwa", che in origine identificava una bevanda prodotta dal succo estratto da alcuni semi, che provocava effetti eccitanti e stimolanti. Dal termine "qahwa" si passò alla parola turca "qahvè", in italiano "caffè". Alcuni pensano invece che il termine derivi dalla regione di Caffa, nell'Etiopia sud-occidentale, dove si coltiva la pianta. I primi a preparare una bevanda con i chicchi di caffè sono stati gli Arabi all'inizio del Trecento. Nel 1570 i veneziani scoprirono per la prima volta l’aroma forte del caffè grazie a un medico-botanico, Prospero Alfino, che a Venezia aprì il primo “bar”, o meglio la prima caffetteria. Inizia così il periodo d’oro per il caffè che per gli italiani non è solo un piacevole rito quotidiano ma anche espressione del costume e dell’arte. Non si può non ricordare Carlo Goldoni che nel 1750 scrisse “La Bottega del Caffè” e Pietro Verri che nel 1764 fondò la rivista filosofica-letteraria “Il Caffè”. In Italia, La più antica caffetteria è il Caffè Florian, nato nel 1720 e tuttora ubicata sotto i portici di Piazza San Marco a Venezia. Nel 1933 nasce la caffettiera, “Moka” ideata dal grande Alfonso Bialetti. L’etimologia proviene dalla città di Mokha nello Yemen, una delle prime e più rinomate zone di coltivazione e produzione di caffè, in particolare di qualità arabica. Il caffè fa bene o male al cuore?
Si ritiene che a contribuire all’effetto di protezione, soprattutto sul cuore, siano le molte sostanze contenute nel chicco, in modo particolare: i polifenoli ovvero sostanze antiossidanti e antinfiammatorie che grazie al ruolo chiave nel metabolismo dei lipidi e del glucosio, contribuiscono alla riduzione del rischio di malattie cardiovascolari . Nel 2015 sulla rivista Heart è stato pubblicato uno studio condotto in Corea che ha visto arruolati oltre 25000 soggetti sani, di età media di 41 anni e tutti consumatori abituali (anche se con quantitativi diversi) di caffè. Dall’analisi di questi dati è emerso che questa bevanda sembrerebbe avere un ruolo protettivo per i vasi sanguigni riducendo il rischio di depositi di calcio nelle pareti delle arterie. I depositi di questo sale minerale pongono le basi per la formazione delle placche aterosclerotiche, soprattutto nelle arterie coronarie e nelle arterie cerebrali, aumentando il rischio di insorgenza di patologie quali infarto del miocardio e ictus cerebrale. Dall’analisi dei dati emersi da questo studio sembra che un consumo giornaliero tra 3 e 5 tazzine si associa a una riduzione del rischio di insorgenza di aterosclerosi coronarica, mentre secondo uno studio della University of South Australia assumere 6 o più tazzine di caffè espresso ogni giorno, può aumentare il rischio cardiovascolare. I risultati sono stati pubblicati su The American Journal of Clinical Nutrition (marzo 2019). Una recente ricerca presentata al Congresso annuale della Società Europea di Cardiologia (ESC-2021), indica che bere fino a tre tazze di caffè al giorno può mantenere il cuore sano. I ricercatori hanno estratto dalla UK Biobank dati di oltre 468 000 partecipanti britannici senza segni di malattie cardiache. L’età media era di 56 anni e quasi il 56% erano donne. Lo studio ha dimostrato che i partecipanti che erano bevitori moderati di caffè avevano meno probabilità di morire prematuramente per qualsiasi causa rispetto ai non bevitori di caffè. Infatti, le persone che ne bevevano fino a 3 tazze al giorno avevano un rischio inferiore del 12% di morte per qualsiasi causa, il 17% in meno di rischio di morte per malattie cardiovascolari e il 21% in meno di rischio di ictus. Fino a qualche tempo fa si credeva che il consumo eccessivo di caffè si associasse ad un aumento della pressione arteriosa e alla predisposizione allo sviluppo di aritmie soprattutto tachicardia e fibrillazione atriale. Queste ipotesi sono suffragate dal fatto che la caffeina, con il suo effetto eccitatorio potrebbe aumentare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca. Questo è vero sicuramente quando si superano determinati quantitativi di caffè e soprattutto di caffeina che è la sostanza psicoattiva contenuta nel caffè, però se ci si mantiene tra le 3 e le 5 tazzine di caffè al giorno non si registra alcun aumento dei valori di pressione arteriosa, neanche negli ipertesi, né tanto meno un’alterazione della frequenza cardiaca. Quando invece si superano le dosi raccomandate aumenta il rischio che possano insorgere e prevalere gli “effetti collaterali” quali insonnia, irrequietezza, irritabilità e nervosismo. La sensibilità alla caffeina è estremamente personale per cui esistono persone che possono bere una tazzina di caffè prima di andare a letto e dormire serenamente tutta la notte e al contrario, ci sono altre persone nelle quali una sola tazzina causa uno stato di irrequietezza e ansietà. La caffeina viene assorbita rapidamente e completamente dall’organismo, se assunta per via orale. Gli effetti stimolanti possono insorgere da 15 a 30 minuti dopo l’ingestione e permangono per alcune ore. Negli adulti il tempo che l’organismo impiega a eliminare il 50% della caffeina, varia ampiamente a seconda di fattori quali l’età, il peso corporeo, la gravidanza, l’assunzione di farmaci e lo stato di salute del fegato. Negli adulti sani in media tale tempo è di circa quattro ore, con oscillazioni dalle due alle otto ore. Pertanto, in caso di un sonno di cattiva qualità, non è consigliabile bere un componente eccitante prima di dormire, che sia caffeina o un altro presente in alimenti diversi come cacao, cioccolato, the verde e nero, Coca Cola, Red Bull e energy drink.
Nel 2015, l’European Food Safety Authority (EFSA) ha stabilito i limiti per la quantità di caffeina da assumere ogni giorno senza danno alla salute. Si tratta di una dose giornaliera che va dai 200 ai 400 mg, con una quantità limite che corrisponde a un massimo di 5 tazzine di caffè espresso al giorno.
"Prendo tre caffè alla volta per risparmiare due mance". Totò
“Ma tre caffè al giorno costano quello che costano. Forse ce li dovrebbe passare la mutua”. Luciano De Crescenzo
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